Il sapere di non sapere: di maestri, maestrie e botteghe scomparse

In un mondo veloce, dove non ci si può fermare, dove il sapere viene venduto in soldoni, dove siamo davvero come persone?

A cosa servono occhi ed orecchie spalancate, cuori aperti e pance capaci di sentire?

I miei figli in questi tempi si stanno preparando ad una grande salto: lui la scelta della scuola superiore, lei la media inferiore.

Sanno che sarà una nuova sfida, scelta per il meglio e guidata da tanto rispetto da me e dal loro papà: scegliere quello che a loro piace, sperando che sarà un tassellino che li possa rendere felici nel futuro.

Quello che voglio passare loro, oltre la felicità e la passione di oggi per quello che fanno, è la lentezza.
La gradualità e le prove ed errori che li condurranno a svolgere bene una professione.
Lo stare, il sentire, per poter anche scardinare, un mondo sempre più veloce e preconfezionato.

Credo che questo sia un valore che sta scomparendo, un tantino anacronistico.

Mi ritengo una donna molto fortunata: nella mia vita e nel mio lavoro come pedagogista ho incontrato Maestre e poi colleghi con cui condividere quello che ho appreso.
Ho accolto l’errore e pretendo da me la continua formazione e crescita personale come donna e come professionista.

Una cosa importantissima è che le mie Maestre non si sono mai definite tali.

Amo le botteghe, di attrezzi e materiali.. quei passaggi di consegna tra persone che possono essere fatti solo in totale apertura e rispetto, con attenzione, lentezza.
Quel passaggio di testimone che il vecchio lascia al più giovane per andarsi a riposare, amo i maestri che lasciano liberi perchè l’allievo è oramai in grado di andare da solo e sperimentare la sua propria via.

Negli anni, passati a fianco a fianco si compie l’iniziazione.
Iniziazione fatta d’attenta osservazione, umiltà e che costa tanta fatica, frustrazione ma che non costa 500 euro e “siamo a posto”, “vai”, “ora puoi farlo”.

Iniziazione che insegna davvero con l’aiuto ed il sostegno del tempo, con le domande, con gli scorni, con il perdersi ed il ritrovarsi o il perdersi e basta.

Con continua formazione e crescita personale di noi stessi.

Oggi vediamo formazioni che nascono come funghi o professionisti che dopo un corso si professano guru.

Insomma pare che basti pagare per potere raggiungere un potere…

Sembra basti sapersi vendere bene online per “accaparrarsi” clienti…

Ma in questo modo che potere e che saggezza, davvero, si compiono?

Questo vorrei insegnare ai miei figli. Che la professione che ami e la persona che desideri divenire la farai col tempo, con felicità ma anche con un po’ di fatica, senza alcuna fretta.
Che i corsi di tre giorni senza una salda preparazione di base, fanno poco.

Vorrei passare ai miei figli il “sapere di non sapere” socratico.

Il “sapere di non sapere” umile che permette di migliorarsi, sempre e comunque a suon di ginocchia sbucciate e mani sulle spalle e che fa rimanere bambina la voglia di imparare con occhi aperti sul mondo.

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